La giunta provinciale è ancora ferma sui comparti pubblici. Neppure il rilievo mediatico che assume di giorno in giorno la “questione sanità” in Trentino sembra scuotere dal torpore i decisori politici da cui non viene alcun segnale di cambio di rotta e comprensione dell’urgenza e della gravità della situazione nel sistema pubblico provinciale. A intervenire è il segretario generale Fp Cgil del Trentino, Luigi Diaspro.
A oltre due mesi dalla firma del 14 dicembre non sono ancora state impartite le direttive all’Apran per rinnovare i contratti né vi è stata una convocazione del Sindacato. Al contrario, assistiamo sconcertati al particolare attivismo su questioni di ben altra natura – concerti ed eventi – e, per stare ai temi di stretta competenza, alla preoccupante deriva dei finanziamenti verso il sistema sanitario privato, con le conseguenze denunciate da più parti per il depauperamento del sistema pubblico e la crescita delle disuguaglianze nell’accesso alle cure. Dov’è finito lo slogan “pandemico” della sanità pubblica baluardo dei diritti alla salute dei cittadini?
Il tema che si sta proponendo come un mantra sull’attrattività del nostro territorio per medici e infermieri, ma direi per tutte le preziose figure del sistema sanitario e dell’intero sistema pubblico provinciale, non può trovare alcuna seria declinazione se non si mette prioritariamente in sicurezza il contratto collettivo di lavoro! È un imperativo senza se e senza ma sul quale non sembra esserci ancora alcuna consapevolezza, visti i ritardi che cominciano ad accumularsi anche in questa che doveva essere la stagione del rilancio del sistema pubblico.
È solo attraverso il nuovo contratto di lavoro che si possono dare risposte e restituire attrattività, con il nuovo ordinamento professionale, il sistema di classificazione e carriere, quello degli incarichi e indennitario, il riconoscimento delle competenze maturate negli anni, le nuove responsabilità e modalità di lavoro. E quindi assunzioni, di tutte le figure professionali, amministrativi, tecnici, operai e professionisti, perché il sistema è unico e complesso e tiene se ciascun settore interagisce o supporta gli altri. La voglia di fuga verso il privato da parte di tanti professionisti sta a lì a dimostrate che racconta frottole chi parla di privilegi e rendite di posizione da parte dei dipendenti pubblici e, si badi, questa condizione non è ascrivibile ai soli medici. Nell’accaparramento dei lavoratori non si può competere se hai un contratto scaduto, se non stanzi arretrati né le indennità specifiche, mentre nel resto del Paese si ridisegna un quadro di innovazione professionale e retributiva nel pubblico impiego, che esce da un blocco di 7 anni, dopo il quale il triennio 18/21 ha costituito il solo tassello di ricomposizione iniziale.
Anche la riforma sanitaria, da questo punto di vista e a parte ogni altra considerazione, non avrà alcuna possibilità di successo se non si fanno i conti con la carenza di personale e di motivazioni per chi resta: e parliamo di ospedali policentrici e servizi di prossimità diffusa per la comunità?
E in questo quadro incombe la riproposizione della delega del fisco alle Province Autonome: come si pretende di affrontare i costi di personale con uno dei contratti più avanzati (e costosi) nel panorama pubblico nazionale quando ci si è ridotti a stanziare risorse per il rinnovo 22/24 dei contratti provinciali solo con l’ultima finanziaria, continuando a denunciare la riduzione delle risorse nel bilancio provinciale che non consentirebbe al sistema di reggere per i prossimi anni?
Ecco, è evidente che per noi, su questi presupposti, la vertenza sul rinnovo dei contratti pubblici trentini non è affatto conclusa con il 14 dicembre 2021.