«Le priorità sono non gravare le famiglie di ulteriori costi in una fase di grave difficoltà e salvaguardare la voce “costo del personale” per garantire sicurezza e qualità dell’assistenza», così Luigi Diaspro, Roberta Piersanti e Alessandro Lazzarini della Funzione Pubblica della Cgil in merito alla vicenda dei fabbisogni delle Apsp trentine.
Occorrono nell’immediato garanzie da parte della Provincia per superare le attuali difficoltà di tenuta economica ma, subito dopo, aprire finalmente una discussione a 360 gradi per individuare i punti di caduta organizzativi e gestionali e le possibili soluzioni, anche alla luce dell’indagine in corso da parte della Corte dei Conti. Quello che non deve accadere in questa fase, in cui ospiti, famiglie e operatori sono duramente provati dalle gravi difficoltà degli ultimi anni, è l’incertezza sulle risorse, lo spettro di un aumento delle rette e, va da sé, una stretta sui costi del personale con peggioramento ulteriore dei carichi di lavoro.
«Non gravare le famiglie di ulteriori costi; salvaguardare e implementare il cos
«Dal nostro osservatorio registriamo sicuramente realtà diversificate tra le singole Apsp ma è sbagliato parlare genericamente di strutture virtuose o meno: ci sono differenze strutturali e logistiche che incidono pesantemente sui costi (ad esempio una Rsa con 4 piani necessita di più personale di una Rsa su un unico piano, una Rsa in montagna costa di più dal punto di vista energetico e così via) e differenti risorse delle singole aziende poiché, come noto, alcune possono contare su lasciti o proprietà che garantiscono introiti anche consistenti e altre sulle sole rette ed eventuali stanziamenti della Provincia. Variabili che incidono sul risultato a prescindere dalla maggiore o minore capacità gestionale che può essere sempre migliorata ma, ad esempio sul versante amministrativo, quasi tutte le Apsp hanno da tempo esternalizzato contabilità e buste paghe.
Altri efficientamenti sul personale appaiono al momento improponibili: ciò che hanno subito queste strutture nei due anni di Covid, con riduzione degli introiti dovuti alla mancanza di residenti e aumento del costo del lavoro per la carenza di figure fondamentali come gli infermieri (sostituiti con liberi professionisti, decisamente più costosi) può essere una ragione dell’attuale crisi, pur con le differenze tra strutture diventate Centri Covid con relativi contributi e molte altre, soprattutto quelle più periferiche, che hanno più risentito degli effetti di un periodo difficilissimo. Inoltre la riduzione dei costi di cui si parla si traduce spesso nell’utilizzo degli stessi lavoratori su più strutture, col raddoppio del lavoro per i dipendenti interessati. Non ci sembra che questo possa definirsi atteggiamento “virtuoso”, ma tagli di costo a spese del personale.
Allora, mentre è utile e necessario stigmatizzare eventuali sprechi e porvi rimedio con provvedimenti rigorosi, se si vogliono fare scelte davvero radicali e perseguire economie e non semplici slogan o polemiche si deve ripensare il governo delle Apsp: come abbiamo sempre sostenuto 40 Consigli di amministrazione sono forse troppi, troppo costosi e non strettamente necessari. In tale ottica occorre elaborare una proposta mettendo al centro i bisogni delle comunità, privilegiare l’obiettivo primario della garanzia e qualità dell’assistenza, il rapporto con i territori e con il volontariato, garantendo allo stesso tempo le risorse per valorizzare e assumere personale adeguato agli accresciuti bisogni della nostra popolazione anziana. Le Apsp sul territorio sono tuttora fondamentali per la vita e le necessità locali, rappresentano un modello nel Paese e vanno quindi aiutate a resistere. È il tempo tuttavia di scelte coraggiose nell’interesse di tutto il sistema, con il coinvolgimento di tutte le parti in causa a partire dalle rappresentanze delle lavoratrici e dei lavoratori».