Luigi Diaspro e Roberta Piersanti per la Fp Cgil, Lamberto avanzo ed Ermanno Ferrari per la Fisascat Cisl, interpellano la Federazione trentina della cooperazione e l’Assessorato provinciale alle politiche sociali per un rapido adeguamento dei rimborsi chilometrici a chi fa servizi a domicilio: un settore in cui, molto spesso, i lavoratori usano il veicolo privato per gli spostamenti.
Si parla soprattutto dei settori assistenza domiciliare ed educativa domiciliare. Gli enti e le cooperative che erogano questo tipo di servizi sono, per la maggior parte, impegnate anche nell’erogazione di servizi residenziali o semiresidenziali, in relazione ai quali hanno (giustamente) richiesto degli adeguamenti, ottenendo in alcuni settori anche l’impegno della Giunta a elaborare un sostegno economico in risposta al rincaro delle bollette. «Non ci consta, però, che questi stessi soggetti siano intervenuti per contrastare i rincari che gravano solo sui loro dipendenti che utilizzano, per ragioni di servizio, il mezzo proprio».
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Il Contratto provinciale parla di “rimborso chilometrico non inferiore a 0,25 Euro lordi” e fatta eccezione per poche, virtuose e isolate realtà, gli enti del terzo settore non hanno mai alzato questo importo fin dall’accordo nel 2006: ben 16 anni. I datori di lavoro parlano da allora di “insostenibilità di una spesa ulteriore”.
«Va detto anche che chi opera nell’assistenza a domicilio e nell’educativa domiciliare è costretto a part time involontari a causa della concentrazione dei servizi in alcune fasce orarie e della maggiore flessibilità che può garantire chi ha un orario di lavoro a tempo parziale; questo determina retribuzioni basse, in relazione alle quali l’aumento del costo del carburante rende antieconomico lo stesso svolgimento delle mansioni. Dunque se davvero si vuole frenare l’esodo di personale qualificato, il primo passo è adeguare i rimborsi chilometrici.
Aggiungiamo che è giunto il momento di introdurre in via strutturale, anche per i lavoratori del terzo settore, i buoni pasto. Questo sia per contrastare il caro prezzi, che in Trentino è il più alto d’Italia, sia per parificare le condizioni di chi svolge le medesime mansioni, ma con datori di lavoro diversi, evitando che anche questo elemento diventi concausa di abbandono di un posto di lavoro a favore di un altro. Chiediamo un incontro urgente con tutti i soggetti coinvolti».