Il 5 dicembre si sono chiuse due importanti partite per la Sanità pubblica trentina. Fp Cgil ha firmato per il riconoscimento degli arretrati 2019-2021 e delle indennità, ma ha detto “no” – unico sindacato a muoversi in tal senso – al testo proposto dall’Assessorato Salute per chiudere il triennio 19/21 e traguardare la nuova stagione contrattuale 22/24. «Ci è stato sottoposto un Protocollo di intesa che, condivisibile nelle premesse che riportano in parte le richieste avanzate unitariamente, non recepisce il perno delle istanze che provengono dall’Area del personale non dirigenziale». Spiega il segretario generale Luigi Diaspro.
Entriamo nel dettaglio. Primo punto, il testo pone un limite alle risorse per il finanziamento della revisione dell’Ordinamento Professionale (0,9% del monte salari pari a ca 2,3 milioni, più 1 milione nella Legge di Bilancio in discussione, pari complessivamente a 477,00 euro circa pro-capite) che Fp Cgil giudica insufficiente per questo fondamentale strumento di valorizzazione del personale, necessario a riconoscere competenze e professionalità profondamente mutate da vent’anni a questa parte e dare attrattività all’intero comparto.
Secondo, non si rifinanzia il fondo per le progressioni il cui residuo, quantificato a spanne in 5 milioni, verrà ripartito “una tantum” tra il personale (grazie peraltro a quanto richiesto reiteratamente al tavolo “arretrati” e ribadito nella relativa nota congiunta). In buona sostanza vengono sbloccate risorse che sono già dei lavoratori – e questo è positivo – ma non viene stanziato un euro per ripristinarle, quindi il costo è tutto a carico delle risorse contrattuali.
Infine la questione prioritaria: non c’è alcun impegno né nella manovra 2023 né per l’assestamento di giugno per finanziare il Contratto 2022/24, seppure richiesto più volte sia a livello di Categoria sia da Cgil, Cisl e Uil confederali in relazione all’imminente manovra di bilancio provinciale. Si tratta di una scelta grave già sperimentata negativamente in Trentino: non finanziare i contratti pubblici provinciali vuol dire ignorare le difficoltà delle famiglie in una fase inflazionistica che supera il 13%, con ulteriore perdita del potere d’acquisto dei salari. Ciò ha determinato e determina perdita di senso di appartenenza e dell’attrattività del sistema pubblico, oltre che mobilitazione e conflitto.