La Fp Cgil non firmò l’accordo politico del 5 dicembre 2022 sulla Sanità perché debole e poco significativo in termini di risposte alla cittadinanza e alle lavoratrici e ai lavoratori. Lo dimostrano i fatti. Da allora nessuna inversione di rotta. A maggior ragione, difficile assistere a scelte in controtendenza in finale di una legislatura nel corso della quale abbiamo continuato a chiedere risorse e, soprattutto, personale, a partire dalla definizione dei fabbisogni in base ai quali assicurare cura e assistenza sul territorio.

Così Luigi Diaspro e Marco Cont, Segretario Generale e Funzionario del Settore Sanità della Fp CGIL del Trentino.

Abbiamo invece sottoscritto il 5 luglio scorso l’accordo in Apran per la ripartizione dei 5 milioni residuali di fondi contrattuali, ora al vaglio della Corte dei Conti così come tutti gli altri accordi firmati anche per la Dirigenza a seguito della recentissima Norma di Attuazione che ne stabilisce la titolarità nella certificazione degli accordi contrattuali.

Alla Politica e all’Azienda abbiamo evidenziato in più occasioni il rischio della privatizzazione dei servizi sanitari, con stanziamenti a bilancio che passano dai 60 milioni di euro per le convenzioni con le strutture ospedaliere private nel 2018 ai 72 milioni nel 2022, con un aumento del 20% e con la tendenza in atto di aumento dei posti letto nelle strutture convenzionate (826, + 100 rispetto al 2019) mentre restano sostanzialmente stabili quelli delle strutture pubbliche (1.445). L’aumento di 2 milioni in un anno del budget a favore del privato convenzionato rappresenta un ulteriore segnale in questa direzione.

Come Cgil siamo peraltro particolarmente impegnati nel seguire la prossima indizione di gara per il riaffidamento del servizio del CUP, già attualmente in appalto, per le verifiche delle condizioni dei lavoratori coinvolti e del necessario miglioramento del servizio di prenotazione.

Rischio privatizzazione, medicina territoriale che – in contraddizione con le previsione del PNRR – rischia ulteriormente di indebolirsi, salute mentale diventata una vera e propria emergenza sociale (testimonianze emerse in queste settimane sulla stampa locale), mancanza di personale a tutti i livelli, questi i temi sui quali si devono investire risorse, perché la salute non può essere garantita solo a chi potrà permetterselo.

Ma possono e debbono essere avviati tempestivamente i tavoli per la revisione dell’Ordinamento Professionale: è inaccettabile una manfrina che non consente ad oggi, malgrado le reiterate dichiarazioni di disponibilità di tutte le parti, sindacali e aziendali, di adottare lo strumento fondamentale per il riconoscimento professionale e delle competenze attraverso un nuovo sistema di incarichi ed indennità – sia per il personale sanitario che per quello non sanitario, amministrativo, tecnico e ausiliario – il cui modello può essere mutuato dal contratto nazionale 2019/2021. Registriamo quindi un enorme ritardo in termini di attrattività col resto d’Italia su questo aspetto fondamentale,

concludono i due sindacalisti.